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Le trame nere e deliranti di Rep. 

La mostrizzazione della Meloni in Europa è allo stesso tempo divertente e problematica

“Complotti neri contro l’UE” è un titolo impegnativo. Fare riferimento dalla prima di “Repubblica” alla candidatura italiana a Bruxelles di Raffaele Fitto, bonaria figura di efficiente democristiano nel ruolo di ministro delegato al piano dei fondi europei, è un titolo delirante. Si può capire che la famiglia Stellantis nutra un certo risentimento per il trattamento freddo riservato loro dal governo Meloni. Si può capire che il nostro caro Maurizio Molinari, con quanto sta accadendo nel suo e nel nostro mondo, lascia ad altri la politica nazionale. E che questi altri vogliono radicarsi nella tradizione del giornale: Craxi nemico della democrazia, Berlinguer ti amo, Di Pietro araldo della legalità, Berlusconi “cavaliere nero”, Fini eroe della resistenza liberale e altre sciocchezze. Ma i “complotti neri” gridati a proposito degli incontri preparatori di Giorgia Meloni per la formazione del nuovo assetto dirigenziale della Commissione europea rischiano il ridicolo oltre che l’irrilevanza professionale. Errori divertenti e iperboli circolano nel giornalismo, compreso il nostro, se vogliamo, e ora con le urne, buon risultato di riequilibrio psicologico, dobbiamo aspettarci una “Bandiera rossa sulle città italiane”. Repubblica non può e non deve deluderci.

Certo, se la Meloni, irritata con Macron e Scholz per una certa fretta del centrosinistra nell’affrontare senza troppa grazia la coalizione di destra popolare, leghista e nazionale attualmente al governo a Roma, volasse a Parigi per abbracciare Marine Le Pen, votare contro la proposta presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, e magari scoprire anche un’America di Colombo e Galileo Galilei alla Trump contro Biden e il suo procuratore Zelenskyj, beh, i “complotti neri” rimarrebbero un’esagerazione, perché il la formula in genere si riferisce a Freda o Concutelli, ma passerebbe alla cavalleria. Quindi è difficile anche solo spacciarlo per un errore lampante di giudizio e professionalità. Peggio di un errore, è un tic.

“Repubblica” è il giornale dei tic, come il braccio alzato di Peter Sellers, l’immortale Stranamore della Guerra Fredda. Solo che al posto del genio satirico spesso mette la serietà del pugno. Da quasi cinquant’anni accompagna la borghesia riflessiva, qualunque cosa accada, sulla via della pigrizia e talvolta della paranoia, che è la via maestra del luogo comune. Politica, cultura, personaggi, gastronomia, moda, moralismi generici e wokismi in ogni campo, il giornale che piace moltissimo e che scavalca i problemi, i dubbi, le deviazioni dell’intelligenza, conferma sistematicamente non solo il pregiudizio, che è anche un modo accettabile di accompagnare la vita e la tradizione, ma il gonfiarsi del giudizio. La mostrizzazione dell’avversario, “Complotti neri contro l’Ue”, è il suo genere letterario e giornalistico preferito, come la santificazione del banale e del banale che c’è sempre nell’aria. Con questa tecnica cinica ma non maliziosa ha venduto tantissime copie, ora qualcuna in meno, ma non ha perso il vizio. Questa mancanza di autorità un tempo divertiva Gianni Agnelli, il capostipite della saga Stellantis, ora affligge tutti e rende grottesca la sua filosofia portatile.

Giuliano Ferrara Fondatore

“Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio 1952 da genitori iscritti al partito comunista dal 1942, partigiani senza orgoglio luciferino e retorica combattiva. Famiglia di tradizioni liberali da parte paterna, il nonno Mario era un noto avvocato e giornalista (editorialista de Il Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la Sicurezza dello Stato.

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